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Attitudine
alle relazioni empatiche. La rilevanza civica della empatia
“Gli
esseri umani sono predisposti a essere empatici, a identificare
quello che provano gli altri, a condividere i loro sentimenti
con un’emozione corrispondente, ad accogliere le loro gioie e
i loro dolori”
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1.
Osserva Rifkin che se per davvero la nostra natura è solamente utilitarista
ed egoista, siamo destinati ad una sorte non favorevole perché non sappiamo
come sette miliardi di persone possano andare d'accordo sul pianeta. Ma
negli ultimi anni, alcuni grandi scienziati dell'evoluzione hanno scoperto
che questa non è la nostra vera natura e che siamo codificati per essere
empatici e collaborativi (1). Proprio in tema di fondamento biologico
della empatia, il neurofisiologo Gallese rileva che “il sistema dei neuroni
specchio è alla base non solo della capacità di riconoscere e comprendere
le azioni altrui, ma anche le intenzioni che le hanno promosse […]. Altri
studi inoltre suggeriscono che il sistema dei neuroni specchio sia non
solo coinvolto nella comprensione del significato delle azioni osservate,
ma si attivi anche durante la comprensione di espressioni linguistiche
descriventi le stesse azioni […]. Infine, numerosi studi attestano il
ruolo della simulazione motoria anche nella lettura della finzione narrativa”
(2).
Più
volte abbiamo posto in luce l’importanza di ridare al cuore il suo ruolo
naturale e di rivalutare l’esperienza affettiva anche ai fini cognitivi,
per arrivare a esprimere una “ragione cordiale” (modulo
10). Più volte abbiamo evidenziato l’esigenza di concedere spazio
alla nostra coscienza empatica quale logica premessa per migliorare i
comportamenti civici e prenderci cura della sostenibilità della Vita (cfr.,
supra, par. 1).
L’attitudine
all’empatia riveste, in effetti, un ruolo indispensabile nella vita di
relazione. Una delle sue modalità espressive implica il fatto notorio
di mettersi al posto degli altri per meglio comprenderne i comportamenti.
L'empatia, afferma Rifkin, “apre le porte verso il traguardo della comunione
con l'altro, vale a dire verso ciò che è al di là e al di fuori della
nostra esperienza fisica. Molti studiosi hanno erroneamente associato
l'empatia solo a sentimenti ed emozioni. Se questo fosse vero, la coscienza
empatica sarebbe impossibile. Stiamo cominciando a capire che uno scambio
empatico richiede sia un impegno intimo sia una certa misura di distacco.
Se i nostri sentimenti tracimassero completamente nei sentimenti dell'altro,
o suoi sentimenti sopraffacessero la nostra psiche, perderemmo il nostro
senso di identità e la capacità di immaginare l'altro come se fosse noi
stessi. L'empatia è un atto di delicato equilibrio. Si deve essere aperti
all'esperienza della condizione dell'altro come se fosse la propria, ma
non lasciarsene travolgere” (3).
L’empatia ha un ruolo importante anche per la costruzione della nostra
identità come ebbe modo, nei primi anni del Novecento, di sottolineare
la Stein: la conoscenza della persona estranea ci arricchisce “ai fini
della nostra autoconoscenza, essa porta a sviluppo, in quanto empatia
di ‘nature affini’ ossia di persone del nostro tipo, quel che in noi ‘sonnecchia’
e perciò ci rende chiaro, in quanto empatie di strutture personali diversamente
formate, quel che non siamo e quel che siamo in più o in meno rispetto
agli altri... In tal modo, con i nuovi valori acquisiti per mezzo dell’empatia,
lo sguardo si dischiude simultaneamente sui valori sconosciuti della propria
persona. Mentre, empatizzando, ci imbattiamo in sfere di valore a noi
precluse, ci rendiamo coscienti di un proprio difetto o disvalore. Ogni
afferramento di persone d’altro genere può divenire base di un raffronto
di valutazione” (4).

Ma
dobbiamo ricordarci che l’empatia è, comunque, una possibilità, come abbiamo
già rilevato, da rafforzare e sostenere: “è fondamentale il clima in cui
si viene educati perché può rafforzare le potenzialità individuali come
scoraggiarle fino ad inibirle. Gli esseri umani sono predisposti a essere
empatici […] a condividere i loro sentimenti con un’emozione corrispondente,
ad accogliere le loro gioie e i loro dolori. Emozioni intelligenti che
in un momento successivo saranno in grado di elaborare in modo razionale.
Ma rimane un ulteriore passo da fare, e cioè andare oltre l’empatia naturale
ed “educarla” all’etica, alla morale. Se, infatti, ci comportiamo in modo
gentile e sorridente, rispettando gli altri, nella maggior parte dei casi
otterremo una risposta corrispondente, ben diversa da quella che otterremmo
se ci comportassimo in modo brusco e disattento. Ciò che sorprende è che
la scienza, più progredisce e si avvicina alla verità, più arriva a confermare
quanto ci ha sempre indicato una antica regola d’oro: “Fai agli altri
quello che vorresti fosse fatto a te e non fare agli altri quello che
non vorresti fosse fatto a te” (5).

Lo stesso Rifkin osserva che “l’empatia può essere repressa: se non hai
avuto dei bravi genitori o un sistema scolastico adeguato, viene fuori
la pulsione secondaria, il materialismo, la violenza, ma invece la nostra
pulsione primaria è provare empatia, collaborare” (6).

Anche
il prof. Rizzolatti rileva che la “natura ci ha creato un meccanismo per
volerci bene, per capirci a un livello antico che viene prima del linguaggio.
Un meccanismo naturale che ci permette di comunicare […]. La natura ha
creato questo meccanismo ma sta alla cultura renderlo più ricco o più
povero. Se la cultura invita a ingannare il prossimo, a ucciderlo, a fare
quel che si vuole infischiandosene degli altri, a essere egoisti e individualisti,
il meccanismo dei neuroni specchio finisce con l’atrofizzarsi” (7).
La via empatica rappresenta un percorso necessario per la nostra convivenza
in quanto, accrescendo i legami psichici, riduce aggressività e ostilità
nella vita relazionale (8). Vari studi mostrano “come il pregiudizio porti
a considerare "meno umane" persone considerate "diverse"
per gruppo sociale, provenienza, lingua, cultura […]. Questo tipo di interpretazione
del pregiudizio, in particolare, riporta all'empatia e alla necessità
di riscoprire la comune umanità e le profonde somiglianze tra tutti gli
esseri umani” (9).
Il fatto di poter assumere “la prospettiva dell’altro (mettersi nei panni
di) o di poter provare le emozioni dell’altro (sentire con) permette di
eliminare le barriere e le distanze create dal pregiudizio e dai processi
di categorizzazione ostile. Ai processi di "disumanizzazione"
si risponde educando alla comune umanità […]. Mentre il pregiudizio separa,
l'empatia unisce. Bisogna però creare le condizioni, e agire sulla cultura
in senso formativo, perché questo avvenga” (10).
L’empatia può diventare, quindi, porta di accesso alla fraternizzazione:
l’idea di fraternità parte dal dato “delle differenze, personali e sociali,
ma non per intestarvi disuguaglianze o per fondarvi graduatorie o ambizioni
di primato, bensì per dedurne un principio di cooperazione verso un bene
comune di pace e di giustizia. L’ordine sociale e politico ha natura cooperativa,
essendo fondato sulla diversa e complementare vocazione dei “fratelli”
e delle “fraternità”. Questo principio opera a tutti i livelli” (11).
È dunque, importante apprendere a mettersi al posto degli altri: ”Se prendete
questa abitudine, in pochissimo tempo diverrete veramente perspicaci,
intuitivi […] bisogna dimenticarsi un po' di se stessi e pensare agli
altri; è il mezzo migliore per vedere e sentire l'essenziale” (12). L’empatia
aiuta ad avere una visione elevata e impersonale degli interessi grazie
alla quale diventa possibile una convivenza fondata su basi etiche (13).
L’empatia quale capacità di identificarsi con gli altri è stata stimolata
anche da molti capolavori della letteratura mondiale. Questo fatto avrebbe
aperto la strada, secondo la Lynn, al riconoscimento dei diritti umani
(14). Infatti, è notorio che la sensibilità è la prima sentinella delle
nostre facoltà morali, in quanto essa ci conferisce con immediatezza un
senso del giusto (15).
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Afferma Aïvanhov a questo proposito: ”Troverete sempre persone pronte
a sostenere che sia impossibile sapere dove sta il bene e dove sta il
male. In realtà, lo sanno perfettamente, ma a loro fa comodo fingersi
ignoranti: possono così abbandonarsi tranquillamente a tutti i propri
impulsi. Che ragionino un po', e sapranno se stanno per agire bene o male.
Vogliono, ad esempio, scavalcare qualcuno o sminuirlo agli occhi degli
altri? Oppure vogliono sedurlo per poi respingerlo? Ebbene, si mettano
nei suoi panni, cerchino di immaginare che cosa proverebbero al suo posto,
e scopriranno immediatamente che è doloroso, ingiusto e disonesto […].
Niente può giustificare coloro che sostengono di non sapere come ci si
debba comportare” (16).
L’empatia ci consente, dunque, di superare le nostre simpatie - antipatie
e di acquisire una visione più oggettiva dei comportamenti altrui. L’empatia
ci aiuta a formulare processi valutativi più impersonali, a risolvere
eventuali conflitti, ma anche a prevenire i nostri comportamenti iniqui
(17). Senza l’empatia non si può praticare la via della cooperazione fraterna.

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1.
J. Rifkin, op. cit., p. 170.
2. V. Gallese, Dai neuroni specchio alla consonanza intenzionale, Rivista
di Psicoanalisi, 2007, LIII, 1, pp. 197-208, www.unipr.it.
3. J. Rifkin, op.cit., p. 161.
4. E. Stein, Il problema dell’empatia, Studium Roma, 2003, pp. 227-228.
5. M. C. Pallavicini, Empatia e neuroni a specchio, Convegno Aethanaeum,
15 febbraio 2013, www.athenaeumnae.it.
6. J. Rifkin, op.cit., p.161.
7. G. Rizzolatti, Empatia e neuroni a specchio, Convegno Aethanaeum cit.
8. O.M. Aïvanhov, Conférence ”Le chemin court et la voie longue”, 31 août
1955, Prosveta.
9. M. Santerini, op.cit., p.195.
10. Ibidem.
11. F. Pizzolato, La fraternità, la trama delle istituzioni cit.
12. O.M. Aïvanhov, Pensieri Quotidiani, 10 giugno 2001, Prosveta.
13. Come si può pensare, aveva rilevato Aïvanhov, che “gli esseri umani
arrivino a comprendersi e formare un'unità, se nella loro comprensione
e nei loro atteggiamenti si lasciano trasportare dagli istinti, dalle
bramosie, dai loro interessi particolari” Pensieri Quotidiani, 13 agosto
2002. Anche Singer mette in evidenza la necessità di porre a base dell’etica
l’uguale considerazione degli interessi: ”La regola aurea attribuita a
Mosè ci dice di andare oltre i nostri interessi personali, e di “fare
agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te”. La stessa idea del mettersi
al posto dell'altro è contenuta nel comandamento cristiano “ama il prossimo
tuo come te stesso”. Gli stoici affermavano che l'etica deriva da una
legge naturale universale. Kant ha sviluppato questa teoria, fino ad arrivare
alla celebre formula: “Agisci soltanto secondo quella massima che, al
tempo stesso, puoi volere che divenga una legge universale”. Si potrebbe
discutere all'infinito sui meriti e demeriti di ciascuna etica particolare,
ma ciò che hanno in comune è più importante di ciò per cui si differenziano:
l'accordo è sul fatto che la giustificazione di un principio di etica
non può essere espressa in termini di un gruppo particolare o fazione.
L'etica assume un punto di vista universale. Questo significa che nel
dare giudizi morali dobbiamo superare i nostri gusti personali su ciò
che ci piace o non ci piace. L'etica ci chiede di andare oltre l’io e
il tu, per giungere alla legge universale, al giudizio universalizzabile,
al punto di vista dello spettatore imparziale, o dell'osservatore ideale,
o in qualunque altro modo lo si voglia chiamare. Questo ci fornisce un
principio - base di eguaglianza, il principio dell'eguale considerazione
degli interessi” P. Singer, Etica pratica, Liguori, 1989, pp. 22-23, Idem,
La vita come si dovrebbe, Il Saggiatore, 2001.
14. H. Lynn, op. cit., p. 49.
15. Ivi, p. 84. Cfr., infra, modulo
X.
16. O.M. Aïvanhov, Pensieri quotidiani, 8 luglio 2008, Prosveta.
17. Idem, Conférence "Sympathie et antipathie", 2 septembre
1954, Prosveta. Dal fatto che gli esseri umani non si mettono nelle situazioni
altrui, “derivano tanti errori di giudizio, tante crudeltà e ingiustizie.
Nel momento in cui state per pronunciarvi su una persona, che cosa sapete
della situazione in cui essa si trova? [...] Allora, prima di criticarla
o di accusarla, almeno per qualche minuto, fate lo sforzo di mettervi
nei suoi panni: a quel punto, forse vi renderete conto che se foste nella
sua situazione, vi comportereste dieci volte peggio di lei. Vale la pena
cercare di porsi nella situazione delle persone che vi sono antipatiche
e che siete sempre pronti a condannare. Anche solo pochi minuti ogni giorno
di questo esercizio, e acquisirete qualità di pazienza, di indulgenza,
di dolcezza e di generosità di cui beneficerete sia voi che loro"
Idem, Pensieri Quotidiani, 25 ottobre 2010, Prosveta.
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“C’è
una rete della vita che unisce la vita interiore, la vita biologica,
la vita sociale, la vita culturale…Questa trama invisibile va
studiata, compresa e amata”
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“Se
l’ideale è come una mappa… l’ideale del perfezionamento individuale
nella prospettiva della fraternità universale esprime la mappa
più estesa, più ricca di percorsi cioè di potenzialità cognitive
ed emotive”
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“Il
dipanarsi della vita è oggettivamente condizionato dalle intenzioni,
cioè dalle finalità che ciascuno si autoprefigge in quanto queste
ultime dànno senso alla nostra interpretazione del mondo, al nostro
ruolo nel mondo”
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Gli
esseri umani sono predisposti a essere empatici, a identificare
quello che provano gli altri, a condividere i loro sentimenti
con un’emozione corrispondente, ad accogliere le loro gioie e
i loro dolori
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Se
non ci disperdiamo in attività che ci indeboliscono, scopriamo
che è proprio nelle azioni più semplici e più quotidiane che la
vita ha nascosto i suoi veri tesori. Respirare, nutrirsi, camminare,
aprire gli occhi sulla natura, amare, pensare... Ecco i veri doni
della vita”
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"L’organismo
fisico che vive bene, in armonia… favorisce i processi cognitivi
e agevola la generazione in noi di immagini mentali altamente
benefiche le quali agiscono a loro volta favorevolmente sui nostri
comportamenti”
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“Ogni
vita richiede una scienza: la vita della pianta che vuoi coltivare...
la tua stessa vita che devi sviluppare. Per vivere, bisogna saper
vivere”
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“Una
comunità che non sa esprimere e valorizzare le attitudini cooperative
è più povera di capitale sociale e civile e avrà maggiori difficoltà
ad attivare circoli virtuosi di sviluppo”
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“Il
lavoro dovrebbe essere una grande gioia ed è ancora per molti
tormento, tormento di non averlo, tormento di fare un lavoro che
non serva e non giovi a un nobile scopo”
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“Non
si tratta soltanto di adottare stili di vita improntati alla sobrietà
ma di aprire la nostra coscienza, nel quotidiano, agli interessi
sensibili della Rete della Vita… dalla crescita quantitativa dobbiamo
arrivare alla crescita qualitativa”
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“Non
possiamo essere affidabili verso la collettività se siamo schiavi
di debolezze a causa delle quali l’interesse collettivo è potenzialmente
subordinato a quello personale”
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“Dobbiamo
proteggere le risorse naturali, la sacralità della Natura, ma
occorre proteggere anche la sacralità della vita interiore. In
entrambi i casi, abbiamo risorse da rispettare”
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“Quanto
più espandiamo il senso della nostra appartenenza, tanto più aumentiamo
la mappatura del mondo su di noi, e quindi le nostre capacità
intellettive ed emotive”
|
La società e la Rete della vita. Riflessioni a supporto delle nostre
scelte e di un possibile percorso di cambiamento verso una coscienza
aperta agli interessi della collettività. |
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Linee
di sviluppo di nuove attitudini concrete, espressive dei valori
di cooperazione, empatia... |
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