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Attitudine
alla scelta delle intenzioni
“Il
dipanarsi della vita è oggettivamente condizionato dalle intenzioni,
cioè dalle finalità che ciascuno si autoprefigge in quanto queste
ultime dànno senso alla nostra interpretazione del mondo, al nostro
ruolo nel mondo”
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1.
La tematica dell’intenzione fa parte dell’autoeducazione interiore ed
è strettamente connessa alla scelta degli Ideali. In un modulo precedente
abbiamo evidenziato che uno degli elementi essenziali di una azione fraterna
consiste nel fatto che tale azione “è guidata da una intenzione di bene.
L’azione non è compiuta per caso, ma è frutto di una scelta di valore”
(1). È importante, dunque, soffermarsi su questo concetto.
Mentre nella cultura ordinaria, le
intenzioni, alla stessa stregua della vita interiore, sono collocate
in un territorio privo di concretezza, le più elevate intelligenze dell’umanità,
invece, hanno cercato di cogliere, fin dai tempi antichi, la rilevanza
dell’intenzione per la vita dell’uomo. La tematica dell’intenzione
è infatti oggetto di studio di numerose discipline: filosofia, pedagogia,
psicologia, neuroscienze, diritto, gnoseologia, etc. Il termine intenzione,
conseguentemente, possiede significati diversi nelle varie discipline.
Vi è da aggiungere che la riflessione sulle intenzioni si presenta complessa
perché coinvolge, necessariamente, anche l’analisi dei processi della
nostra vita interiore. Per questa ragione, l’intenzione ha interessato
anche i mistici, i teologi e gli spiritualisti in generale.
In questa sede (2), l’intenzione rileva come orientamento delle nostre
energie interiori (pensiero e sentimento), anche a prescindere dal successivo
compimento di un atto esteriore. D’altronde questo è il significato generico
del latino classico “intentio”, in-tendere, cioè “tendere a”.
Osservava il famoso psicologo James
che quanto diciamo sulla realtà dipende dalla prospettiva con cui la guardiamo
e il suo contenuto dipende da ciò che scegliamo e la scelta dipende da
noi (3). Nella stessa direzione si è rilevato che noi percepiamo al fine
di agire, di interagire con gli oggetti e con gli altri; quello che percepiamo
non è indipendente dunque dai nostri scopi (4). Anche la postura di un
essere umano rifletterebbe una determinata intenzione (5). Potremmo sostenere
che le nostre intenzioni condizionano non solo l’attenzione-percezione,
ma anche la catena processuale dei pensieri, sentimenti e atti (gesti
e parole). Infatti, l'intenzione, osserva Chopra,
è “responsabile di tutti i processi legati ad apprendimento, memoria e
ragionamento, oltre che delle attività motorie” (6).
L’organismo umano, rileva Rogers,
è permeato dal tendere “a”, da una tendenza al completamento, all’attualizzazione.
L’organismo è sempre motivato, è sempre intento a qualcosa. Nell’organismo
umano, osserva questo autore, vi è una sorgente centrale di energia in
funzione di tutto l’organismo e non solo di una sua parte. Questa tendenza
al completamento deve essere tenuta presente quando si discorre di ciò
che motiva profondamente i nostri comportamenti (7).
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L’intenzione svolge, dunque, oggettivamente un ruolo strategico nella
nostra esistenza e ciò trova sempre più conferma anche negli studi scientifici,
in particolare in quelli relativi ai neuroni specchio (8). Anche in pedagogia
si è sostenuto che la costruzione del Sé come soggetto dotato di senso
implica il darsi intenzioni e l'organizzarsi secondo intenzionalità (9).
Peraltro, alcuni importanti studi di antropologia affermano che proprio
la capacità di generare intenzioni e di poter accedere alle intenzioni
altrui è alla base della vita sociale e cooperativa (10). Nella sostanza,
il concetto di intenzione, e per certi aspetti anche il diverso concetto
di intenzionalità (11), pongono in luce che il dipanarsi e l’evolversi
della vita dell’individuo sono oggettivamente condizionati dalle intenzioni,
cioè dalle finalità che ciascuno si autoprefigge in quanto queste ultime
dànno senso alla nostra interpretazione del mondo, al nostro ruolo nel
mondo e ai nostri stati interiori.
Peter
Deunov aveva evidenziato l’importanza per gli uomini di sapere verso
cosa dovrebbero “tendere”. Egli affermava che la presenza del Principio
Divino nell’uomo ”gli ispira il desiderio di tendere verso ciò che è elevato
e sublime nel mondo, gli suggerisce ogni nobile slancio, ogni impulso
verso la virtù e la grandezza” (12). Anche la parte dell'Anima universale
che è in noi, afferma Aïvanhov,
tende incessantemente verso lo spazio, verso l'immensità, verso l'infinito
(13). Se il tendere “a”, lo slancio “verso”, sono propri anche della nostra
natura spirituale, le intenzioni, allora, costituiscono una grande possibilità
per riprendere contatto con la nostra cittadinanza spirituale. L’intenzione
ci “permette come una finestra aperta sull’eternità, di evadere dalla
prigione di se stessi” (14). Intensi sono, dunque, i legami tra libertà
e intenzione in quanto noi siamo sempre orientati verso un quid puramente
interiore o anche esteriore. Ma in entrambe le situazioni, interiori o
esteriori, è in azione la nostra vita, il nostro “io”, posto che essere
“orientati” significa che ci stiamo spostando verso territori, verso una
delle destinazioni possibili dell’esistenza. Dovremmo, allora, sempre
chiederci: dove stiamo andando con le nostre intenzioni? Cosa ci porteranno
una volta che le avremo seguite? Stiamo generando effetti benefici, oppure,
dannosi per noi e per gli altri? Il vuoto intenzionale non esiste, semmai
vi è l’assenza di consapevolezza delle proprie intenzioni. Non a caso
i mistici di tutti i tempi hanno valorizzato la continua vigilanza. Noi,
volenti o nolenti, andiamo sempre verso un quid e l’esperienza della vita
ci dice che questo quid può portarci gioia o tristezza, infelicità o felicità,
benessere o malessere.
Se ciò è vero, perché attendere, ad esempio, il decorso di una intera
vita per toccare con mano ciò che era già contenuto nello sviluppo implicito
e necessitato dell’ideale prescelto e delle connesse intenzioni?
Il problema è che spesso non riusciamo effettivamente a comprendere in
anticipo la destinazione finale delle nostre intenzioni. Per superare
questa impasse forse dobbiamo partire proprio dalla destinazione finale
desiderata. Dovremmo avere chiaro quale ideale di vita perseguire, cioè
“le but à atteindre” come spiega efficacemente Aïvanhov nella cui opera
complessiva (una completa e moderna "scienza dei fini e dei mezzi")
è possibile cogliere i nessi eziologici tra le intenzioni coltivate e
le stazioni di destinazione cui esse, prima o poi, ci conducono.
Nel
terzo libro della Metafisica, Aristotele
ci ricorda infatti: ”A chi voglia conseguire buoni risultati torna
utile la buona impostazione dei problemi, infatti, la conseguente buona
riuscita non è che la soluzione delle precedenti difficoltà e non è possibile
la soluzione ignorando il nodo […] coloro che ricercano senza avere formulato
i problemi in primo luogo sono simili a coloro che, camminando, ignorano
dove si deve andare e per di più non s'avvedono se abbiano trovato o meno
ciò che si cerca poiché a costoro il fine non era noto” (15).
Trasferendo
questo ragionamento nella presente riflessione, si conferma la necessità
di chiederci al fine di non camminare al buio cioè in balia delle intenzioni
provvisorie e mutevoli del nostro quotidiano, dove vogliamo andare, quale
direzione assumere, cioè quale Ideale di vita abbiamo e vogliamo avere
e poi quali fini perseguire negli atti della vita quotidiana per raggiungere
quell’ideale prefissato. L’intenzione esprime quindi una sorta di collegamento
reale che noi compiamo in un dato momento tra il nostro mondo interiore
con altre energie proprie di un Ideale, di un valore o di un disvalore.
Potrebbe essere utile, dunque, verificare quali sono le nostre intenzioni
profonde nei vari atti della vita e nelle molteplici relazioni umane.
Questa verifica diventa importante in quanto l’intenzione è l’alfa del
processo di scelta delle tendenze che vogliamo manifestare tra quelle
che albergano nel nostro giardino interiore. Per tale motivo, l’intenzione
è una importante manifestazione della nostra libertà e non può appartenere
solamente alle riflessioni degli studiosi e dei mistici. L’attitudine
in esame sviluppa la consapevolezza di nutrire appropriate intenzioni
negli atti della nostra vita quotidiana.
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Dalle riflessioni fin qui svolte possiamo ricavare alcuni suggerimenti:
- il segreto del cambiamento sta nello scegliere un ideale, “but
a atteindre” per la nostra vita, il più elevato possibile, in quanto
gli Ideali più elevati, anche se irraggiungibili, sono sempre i più efficaci,
poiché permettono all’individuo di esprimere il meglio di se stesso;
- le intenzioni sono il trait d’union tra Ideali e comportamenti;
- occorre amare le intenzioni più nobili altrimenti esse resteranno confinate
nella sfera intellettuale: ”finché non cercherete di far sì che il vostro
cuore si leghi agli intenti più nobili potrete cambiare tutto ciò che
vorrete, ma incontrerete le stesse difficoltà e le stesse sofferenze”
(16);
- dovremmo sempre chiederci in anticipo: quali sono le stazioni di arrivo
dei vari percorsi cui ci conducono le nostre intenzioni? Quali regioni
interiori raggiungeremo tramite esse? Quale status psico-fisico conquisteremo?

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1. Atlante della fraternità universale cit., p.
38.
2. Bruno E.G. Fuoco, Il valore dell’intenzione, in Il Codice delle Leggi
Morali cit.; Idem, L'intenzione e le scelte della nostra vita, 2014, www.scienzaeconoscenza.it.
3. W. James, Pragmatismo, Aragno, 2007, p. 146.
4. A.M. Borghi, R. Nicoletti, Movimento e azione in R. Cubelli, R. Job,
I processi cognitivi, Carocci, 2012.
5. Sulla teoria secondo la quale anche la postura di un essere umano riflette
un’intenzione, cfr. A. Berthoz, Il senso del movimento, McGraw-Hill, 1998.
6. Cfr. D. Chopra, Le coincidenze, Sperling & Kupfer, 2004, p. 66.
7. C. Rogers, La terapia centrata sul cliente, Martinelli, 1970, p. 293
e segg.
8. ”Grazie in particolare agli studi effettuati nel campo della neurofisiologia
e delle neuroscienze cognitive che hanno portato a scoperte come quella
dei neuroni canonici e dei neuroni specchio, si è iniziato a sottolineare
il fatto che le azioni sono rappresentate non tanto nei termini dei movimenti
che le compongono o del tipo di effettore (mano, bocca etc.) con cui vengono
svolte, ma piuttosto nei termini dei loro scopi […] in uno studio di risonanza
magnetica funzionale […] è stato dimostrato che il sistema di neuroni
specchio degli umani risponde in modo diverso a seconda, ad esempio, che
si afferri una tazza per bere o per spostarla da un posizione ad un’altra.
Il sistema umano di neuroni specchio è dunque sensibile alle diverse intenzioni
di chi sta compiendo un’azione” A. M. Borghi, R.Nicoletti, Movimento e
azione cit.
9. F. Cambi, Le intenzioni nel processo formativo. Itinerari, modelli,
problemi. Edizioni del Cerro, 2005.
10. M. Tomasello, Altruisti nati cit., p.14.
11. Bruno
E.G. Fuoco, Il valore e l’efficacia dell’intenzione cit.
12. P. Deunov, La Clé de La Vie, Conférence 22 août 1928, beinsadouno.net.
13. Cfr. O.M. Aïvanhov, Vita psichica cit.
14. M. Santerini, op.cit., pp. 37-38.
15. Aristotele, Metafisica III, 995a 27-95 b 4, citato da B. Mondin, Manuale
di Filosofia Sistematica, vol.I, Edizioni Studio Domenicano, 1999, p.
28.
16. O.M. Aïvanhov, Pensieri quotidiani, 25 gennaio 2014, Prosveta.
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“C’è
una rete della vita che unisce la vita interiore, la vita biologica,
la vita sociale, la vita culturale…Questa trama invisibile va
studiata, compresa e amata”
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“Se
l’ideale è come una mappa… l’ideale del perfezionamento individuale
nella prospettiva della fraternità universale esprime la mappa
più estesa, più ricca di percorsi cioè di potenzialità cognitive
ed emotive”
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“Il
dipanarsi della vita è oggettivamente condizionato dalle intenzioni,
cioè dalle finalità che ciascuno si autoprefigge in quanto queste
ultime dànno senso alla nostra interpretazione del mondo, al
nostro ruolo nel mondo”
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Gli
esseri umani sono predisposti a essere empatici, a identificare
quello che provano gli altri, a condividere i loro sentimenti
con un’emozione corrispondente, ad accogliere le loro gioie
e i loro dolori
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Se
non ci disperdiamo in attività che ci indeboliscono, scopriamo
che è proprio nelle azioni più semplici e più quotidiane che
la vita ha nascosto i suoi veri tesori. Respirare, nutrirsi,
camminare, aprire gli occhi sulla natura, amare, pensare...
Ecco i veri doni della vita”
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"L’organismo
fisico che vive bene, in armonia… favorisce i processi cognitivi
e agevola la generazione in noi di immagini mentali altamente
benefiche le quali agiscono a loro volta favorevolmente sui
nostri comportamenti”
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“Ogni
vita richiede una scienza: la vita della pianta che vuoi coltivare...
la tua stessa vita che devi sviluppare. Per vivere, bisogna
saper vivere”
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“Una
comunità che non sa esprimere e valorizzare le attitudini cooperative
è più povera di capitale sociale e civile e avrà maggiori difficoltà
ad attivare circoli virtuosi di sviluppo”
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“Il
lavoro dovrebbe essere una grande gioia ed è ancora per molti
tormento, tormento di non averlo, tormento di fare un lavoro
che non serva e non giovi a un nobile scopo”
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“Non
si tratta soltanto di adottare stili di vita improntati alla
sobrietà ma di aprire la nostra coscienza, nel quotidiano, agli
interessi sensibili della Rete della Vita… dalla crescita quantitativa
dobbiamo arrivare alla crescita qualitativa”
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“Non
possiamo essere affidabili verso la collettività se siamo schiavi
di debolezze a causa delle quali l’interesse collettivo è potenzialmente
subordinato a quello personale”
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“Dobbiamo
proteggere le risorse naturali, la sacralità della Natura, ma
occorre proteggere anche la sacralità della vita interiore.
In entrambi i casi, abbiamo risorse da rispettare”
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“Quanto
più espandiamo il senso della nostra appartenenza, tanto più
aumentiamo la mappatura del mondo su di noi, e quindi le nostre
capacità intellettive ed emotive”
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La società e la Rete della vita. Riflessioni a supporto delle
nostre scelte e di un possibile percorso di cambiamento verso
una coscienza aperta agli interessi della collettività. |
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Linee
di sviluppo di nuove attitudini concrete, espressive dei valori
di cooperazione, empatia... |
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