Attitudine all'assunzione delle cariche pubbliche. L’esempio.

    “Non possiamo essere affidabili verso la collettività se siamo schiavi di debolezze a causa delle quali l’interesse collettivo è potenzialmente subordinato a quello personale”

 

 

 

 


Chi ambisce ad avere cariche pubbliche deve essere animato, almeno, da un “sentimento comunitario” che Maslow riteneva proprio delle persone autorealizzate le quali nutrono “verso gli esseri umani in generale un profondo sentimento di identificazione, di simpatia e di affetto, nonostante i momenti occasionali di ira, di impazienza o di disgusto […]. A causa di tale sentimento di comunione, essi hanno un genuino desiderio di aiutare la specie umana. È come se fossero membri di una sola grande famiglia […]. Le persone che si autorealizzano hanno relazioni interpersonali più profonde di ogni altro adulto. Esse sono capaci di maggiore fusione, di maggiore amore, di identificazione più perfetta, di una maggiore riduzione dell’ego di quanto la ritengano possibile le altre persone […]. In un senso molto reale e molto speciale si può dire che amano o piuttosto compatiscono tutta l’umanità” (1).


Quando i titolari di cariche pubbliche non sono animati da un “sincero sentimento comunitario” tendono a riservare a se stessi vantaggi patrimoniali preclusi agli altri, tendono a strumentalizzare le risorse a loro disposizione, tendono a sviluppare in modo notevole abilità demagogiche e retoriche al fine di velare alla collettività la prassi approfittatrice coltivata. Quando ciò avviene, la stessa competizione politica, anche a livello esteriore, diventa una vera e propria gara tra aspiranti predatori di risorse.


L’esperienza comprova che queste categorie di politici “pensano soprattutto al loro prestigio, al loro potere, hanno certi zoccoli, certi artigli e certi denti per farsi strada e ottenere il primo posto! Altri, invece, più illuminati, ma che non hanno gli stessi “zoccoli” e neppure gli stessi artigli, restano nell’ombra” (2). Per tali ragioni, il governo delle proprie ambizioni, che è alle radici della questione morale, nonché la ricerca dell’autenticità devono, necessariamente, appartenere a coloro che intendono ricoprire con intenti sinceri cariche pubbliche. Non possiamo essere affidabili verso la collettività se siamo schiavi di una tipologia di debolezze a causa delle quali l’interesse collettivo è potenzialmente subordinato a quello personale.


Potrebbe essere utile ripristinare il valore dell’esempio, non per umiliare e mettere alla pubblica gogna le debolezze altrui, quanto per veicolare, insegnare e trasmettere contenuti positivi per il bene comune. Nel passato, la cultura dell’esempio non era sconosciuta. Paradigmatico a questo proposito, è quanto accadde al filosofo Zenone al quale gli Ateniesi riconobbero pubblici onori con la seguente motivazione: "Poiché Zenone di Cizio […] per molti anni è stato nella nostra città per far filosofia e per tutto il resto ha vissuto da uomo buono, e i giovani che andavano da lui, esortandoli alla virtù e alla moderazione, li spingeva alle cose migliori dopo aver offerto a tutti la propria vita come modello; con il favore del Fato ha decretato il popolo di dar lode a colui che era coerente con i discorsi che faceva con gli altri, a Zenone di Cizio, figlio di Mnasea, e attribuirgli una corona d’oro secondo la legge, in riconoscimento della virtù e della moderazione, e di costruirgli anche un sepolcro a spese pubbliche nel Ceramico" (3) .

Anche il valore della coerenza tra il pensiero dei filosofi e la vita da questi vissuta, veniva praticato nell’antichità, come ha rilevato Hadot, ricordandoci che: “nei litigi dei professori ci loro debitori, le autorità, secondo Ulpiano, non devono occuparsi dei filosofi, poiché questi ultimi professano essi stessi il disprezzo del denaro. Una regolamentazione dell'imperatore Antonino Pio relativa ai salari e alle indennità osserva che, se i filosofi litigano per le loro proprietà, mostrano di non essere filosofi […] il senatore Rogaziano, discepolo di Plotino, lo stesso giorno in cui deve assumere le sue funzioni di pretore, rinuncia alle sue cariche, abbandona tutti i suoi beni, emancipa i suoi schiavi, e non mangia più che un giorno su due” (4). Nella nostra contemporaneità, in circostanze analoghe, al contrario, i vantaggi e le comodità materiali aumentano.
Occorre evidenziare che l’esempio ha una sua energia reale che modifica il presente in quanto è una delle forze che cambia e plasma il mondo: l’esempio esprime “la forza di ciò che è come dovrebbe essere”(5) . Questa forza esercita attrattiva su di noi, in tutti i campi della vita, in arte non meno che in politica, nelle questioni morali non meno che in quelle religiose, nell’agire economico non meno che in quello sociale, nella pratica della medicina non meno che nel dirigere organizzazioni complesse […]. Autenticità, bellezza, perfezione, integrità, carisma, aura e molti altri nomi sono stati attribuiti a questa qualità del portare realtà e normatività” (6). In effetti, grazie all’esempio noi apprendiamo realmente, noi conosciamo: i neuroni a specchio comprovano, peraltro, che noi impariamo realmente anche dal solo osservare (7) .


L’esempio non è una opzione, ma una necessità di crescita in quanto lo sforzo di essere autentico migliora la nostra esistenza e quella altrui: ”solo con il vostro esempio potete convincere chi vive accanto a voi del valore della vostra filosofia o dell'insegnamento che seguite. Per quanti adulti l'educazione consiste nel voler imporre ai giovani delle qualità morali che, spesso, loro stessi non possiedono e di cui non possono dare l'esempio! E poi si stupiscono di non essere obbediti e rispettati; ma è normale. Un vero pedagogista deve vivere coerentemente con le qualità e le virtù che vuole insegnare, al fine di emanare qualcosa di stimolante, di contagioso, di irresistibile! Un vero poeta, un vero musicista ispira gli altri a diventare poeti o musicisti. Un essere veramente capace di amare apre il cuore di tutti coloro che lo circondano […]. Gli educatori dicono che bisogna essere buoni, bisogna essere onesti […] ma loro, per primi, non lo sono; allora, quale influenza possono avere sulle giovani generazioni?"(8)


La forza dell’esempio permane anche nel caso, evidentemente, degli esempi negativi i quali oggi sono amplificati in modo anomalo dai mezzi di comunicazione. Gli esempi negativi sono anche essi “contagiosi”. Abbiamo già ricordato che le tecniche di neuroimmagine funzionale del cervello hanno evidenziato che le reti di neuroni, durante l’interazione tra persone, si attivano, cooperano, manifestando una sorta di adattamento reciproco tra i cervelli: “si è constatato che le emozioni sono contagiose, che i sentimenti positivi si diffondono più velocemente di quelli negativi e che i loro effetti aumentano la lealtà e la cooperazione tra gli individui” (9).


Oggi vige il paradosso dell’esempio nel senso che si cerca non tanto di dare l’esempio quanto di dimostrare che non vi sono esempi, giacché si tenta di demolire nella pubblica opinione qualsiasi persona che si presenti sulla scena pubblica. In questo modo si vuole affermare, implicitamente, quasi una impossibilità ontologica al miglioramento, e disconoscere il carattere fisiologico ed emendabile dell’errore umano. Le grandi individualità hanno dimostrato, senza ombra di dubbio, che è possibile apportare grandi cambiamenti nella coscienza e nei comportamenti. Non ci sono cadute impeditive della risalita e dell’acquisizione della piena dignità. Ma laddove si ritenga di voler ricoprire cariche pubbliche, certamente, occorre aver già risolto positivamente alcune problematiche basilari dell’ego.


Afferma Aïvanhov: “se si dà il potere a qualcuno che non conosce la struttura dell’essere umano… come volete che possa portare al suo paese qualcosa di veramente buono? Non avendolo realizzato dentro di sé, come volete che possa realizzarlo per un’intera nazione? Come potrebbe un ignorante istruire gli altri, o un debole portare i loro fardelli, o un impuro purificarli, è impossibile”(10).


Non a caso, come ha osservato Foucault, il prendersi cura del Sé, il conoscere se stessi e l’esercizio dell’attività politica venivano concepite come azioni tra loro connesse già nell'Alcibiade Primo di Platone (11).

 

 

1. A. Maslow, Motivazione e personalità cit.
2. O.M. Aïvanhov, Conferenza 27 dicembre 1975, in Opera omnia n. 25, Prosveta.
3. Stoicorum Veterum Fragmenta I.7.
4. P. Hadot, Esercizi spirituali cit.
5. A. Ferrara, La forza dell'esempio. Il paradigma del giudizio cit.
6. Ibidem.
7. S. Mazzaglia, I neuroni specchio eco nell'educazione, Edizioni Università Romane, 2011.
8. O.M. Aïvanhov, Pensieri Quotidiani,16 aprile 2002, Prosveta. Cfr. Idem, Il miglior metodo pedagogico: l’esempio” in Opera omnia n.12, Prosveta.
9. F. Caretta, Plausibilità scientifica della fraternità cit.
10. O.M. Aïvanhov, Conferenza 27 dicembre 1975, in Opera omnia n. 25, Prosveta.
11. M. Foucault, L’ermeneutica del soggetto cit., p. 22.

“C’è una rete della vita che unisce la vita interiore, la vita biologica, la vita sociale, la vita culturale…Questa trama invisibile va studiata, compresa e amata”

“Se l’ideale è come una mappa… l’ideale del perfezionamento individuale nella prospettiva della fraternità universale esprime la mappa più estesa, più ricca di percorsi cioè di potenzialità cognitive ed emotive”

“Il dipanarsi della vita è oggettivamente condizionato dalle intenzioni, cioè dalle finalità che ciascuno si autoprefigge in quanto queste ultime dànno senso alla nostra interpretazione del mondo, al nostro ruolo nel mondo”

Gli esseri umani sono predisposti a essere empatici, a identificare quello che provano gli altri, a condividere i loro sentimenti con un’emozione corrispondente, ad accogliere le loro gioie e i loro dolori

Se non ci disperdiamo in attività che ci indeboliscono, scopriamo che è proprio nelle azioni più semplici e più quotidiane che la vita ha nascosto i suoi veri tesori. Respirare, nutrirsi, camminare, aprire gli occhi sulla natura, amare, pensare... Ecco i veri doni della vita”

"L’organismo fisico che vive bene, in armonia… favorisce i processi cognitivi e agevola la generazione in noi di immagini mentali altamente benefiche le quali agiscono a loro volta favorevolmente sui nostri comportamenti”

“Ogni vita richiede una scienza: la vita della pianta che vuoi coltivare... la tua stessa vita che devi sviluppare. Per vivere, bisogna saper vivere”

“Una comunità che non sa esprimere e valorizzare le attitudini cooperative è più povera di capitale sociale e civile e avrà maggiori difficoltà ad attivare circoli virtuosi di sviluppo”

“Il lavoro dovrebbe essere una grande gioia ed è ancora per molti tormento, tormento di non averlo, tormento di fare un lavoro che non serva e non giovi a un nobile scopo”

“Non si tratta soltanto di adottare stili di vita improntati alla sobrietà ma di aprire la nostra coscienza, nel quotidiano, agli interessi sensibili della Rete della Vita… dalla crescita quantitativa dobbiamo arrivare alla crescita qualitativa”

“Non possiamo essere affidabili verso la collettività se siamo schiavi di debolezze a causa delle quali l’interesse collettivo è potenzialmente subordinato a quello personale”

 


“Non dobbiamo essere come una voragine che prende senza restituire, ma dobbiamo restituire ciò che ci è stato dato"

“Dobbiamo proteggere le risorse naturali, la sacralità della Natura, ma occorre proteggere anche la sacralità della vita interiore. In entrambi i casi, abbiamo risorse da rispettare”

“Quanto più espandiamo il senso della nostra appartenenza, tanto più aumentiamo la mappatura del mondo su di noi, e quindi le nostre capacità intellettive ed emotive”

 

PRIMA PARTE

Riflessioni storiche sul nostro travaglio collettivo e individuale

Modulo 1. Premessa storica. Riflessioni sull'evoluzione nella società delle idee laiche di solidarietà e fraternità.

SECONDA PARTE

Ricognizione del pensiero recente, maturato in tema di cooperazione e fraternità in prospettiva laica e sociale

Modulo 3. L’appello della cultura, nell’era della globalizzazione e delle interdipendenze, al valore di cooperazione, indispensabile quanto la libertà e l'uguglianza.

TERZA PARTE

La società e la Rete della vita. Riflessioni a supporto delle nostre scelte e di un possibile percorso di cambiamento verso una coscienza aperta agli interessi della collettività.

QUARTA PARTE

Ripensare le basi concettuali dell’educazione alla cittadinanza. Alle radici della questione morale...

Modulo 11 bis Il processo di adeguamento interiore alle prescrizioni civiche

QUINTA PARTE

Linee di sviluppo di nuove attitudini concrete, espressive dei valori di cooperazione, empatia...

Modulo 12. Mappa delle attitudini significative in coerenza con la visione sistemica della Vita

Attitudine a percepire la comune appartenenza alla Rete della Vita. La cura di se stessi
Attitudine alla scelta degli Ideali, pensieri e sentimenti per manifestare comportamenti civici
Attitudine alla scelta delle intenzioni
Attitudine alle relazioni empatiche. La rilevanza civica della empatia
Attitudine alla rivalutazione e alla sacralizzazione della vita quotidiana
Attitudine alla rivalutazione del corpo fisico e del suo apporto cognitivo
Attitudine a sperimentare il gusto e la pienezza della vita: la “scienza della Vita”
Attitudine a valorizzare il bene relazionale e i beni comuni
Attitudine alla rivalutazione del lavoro
Attitudine al dimensionamento dei bisogni individuali
Attitudine all'assunzione delle cariche pubbliche. L’esempio
Attitudine a relazioni improntate ai valori di giustizia
Attitudine al rispetto dell’ambiente interiore ed esteriore
Attitudine a vivere come cittadino dell’Universo